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Un paio di concerti privati in Giappone mi hanno portato a Tokyo, a 10.000 km da Roma e l’Italia.
Ho già suonato in alcune mete asiatiche, ma per la prima volta sto visitando la terra del Sol Levante tra musica e turismo, e insieme alla mia compagna stiamo scoprendo giorno dopo giorno un popolo nuovo, solido e integro nella sua cultura millenaria.
Abbiamo visitato Tokyo e Kyoto, seguiranno Hiroshima, Nara e i suoi templi e di nuovo qualche giorno nella Capitale.
La rete è piena di travel blog e grandi conoscitori del Giappone per interpretare con occhi occidentali la vita qui, quindi fare una sintesi di sensazioni personali è difficile, ma ci provo con questo primo elenco di 5 appunti.
1 la cultura della procedura: in Giappone non si improvvisa, non si fa casino e non si cercano soluzioni nel disordine; le persone stanno ordinatamente in fila ovunque, prenotano tutti i loro posti sul treno, non ci sono ritardi, non si infastidiscono le altre persone, dopo le 23 può essere difficile mangiare anche nelle grandi città,
2 fantasiosi a modo loro: se hanno esportato i manga e gli anime in tutto il mondo, un motivo ci sarà! Nei loro silenzi sono molto creativi, anche perché il ricorso all’illustrazione è più ampio di quanto immaginiamo: la maggior parte delle pubblicità, il lancio dei mondiali di Rugby o delle Olimpiadi 2020 fino alla comunicazione della polizia è tutto un susseguirsi di disegni, mentre il linguaggio fotografico sembra molto finto e quasi goffo, vedi punto successivo.
3 idols, boyband e girlband: qui entriamo nel “mio” campo, forse per questo mi sta impressionando toccare con mano il concetto di “idols” portato all’eccesso in Giappone. È molto difficile una sintesi: vi invito a fare una ricerca sulle AKB48 per capire di cosa parliamo.
Piccoli e grandi locali nei quali gruppi di teenager si esibiscono, pubblicizzati con foto elaborate al limite del verosimile tra look kitsch anni 90 e, appunto, i manga. La musica sembra un contorno, tra melodia e dance un po’ datata; in Italia oltre alle nuove leve potremmo trovare un manifesto di Vasco o Ligabue o De Gregori, qui invece la realtà della musica pop nazionale sembra interamente “appaltata” ai giovanissimi e a questi idol, e se pensiamo che i giapponesi sono quasi 130 milioni non è da sottovalutare. È una prima percezione da approfondire, ma questo arriva.
4 l’occidentale: sintetizzare la sensazione “da straniero” è complesso, perché da una parte la loro accoglienza e cortesia è totale, capita ogni giorno di venire sorpresi da un gesto cordiale o di aiuto che in Italia non ti aspetteresti mai; dall’altra sembra che, almeno pubblicamente, resistano più di altri al “western world”: l’invasione di marchi e negozi occidentali non è poi così invasiva, la contaminazione con l’inglese nemmeno, la forte cultura alimentare, la gestualità stessa delle persone e tanti altri piccoli grandi aspetti che si respirano qui dimostrano come i giapponesi sappiano coltivare il loro “progresso” parallelamente e senza rinunciare alla loro identità. Forse le devastazioni americane della guerra restano un blocco non troppo lontano e interamente superato.
5 pagina di blog troppo seria? In realtà qui c’è poco da ridere! Ed è vero: si respira molta serenità ma è raro vedere persone accendersi in una grassa risata o scherzare tra di loro, evidentemente anche il gioco e il “cazzeggio” sono una dimensione più privata e personale, anche se d’altra parte i sorrisi di chiunque sono sinceramente sentiti e cordiali e la cosa per noi più divertente è immergersi in “sessioni” di infiniti ringraziamenti al termine di ogni richiesta di informazione, acquisto o momento di relazione.
